Castelnuovo di Ceva sfora appena i cento abitanti. Le uniche attività di cui abbia riscontrato la presenza sono un’osteria, una casa di riposo e il municipio. Sì perché, nonostante tutto, di Comune indipendente si tratta, con sede in una casetta in piazza della Vittoria n. 1, dotata di mini aula consiliare, mini biblioteca, mini balcone fiorito e via di minuzie. Per chi avesse bisogno di qualcosa a domicilio è stato istituito un piano di trasporto per aree a desertificazione commerciale. Ci si arriva salendo per una tortuosa strada che attraversa un lembo della sterminata provincia “granda” cuneese ormai alle estreme propaggini del Piemonte, quasi in Liguria.
A un certo punto compare un pugno di case, spesso semplici e graziose, magari in decadenza o rovinate da interventi di ammodernamento un po’ insensibili. I ritmi sembrano ancora legati alla natura, qualcuno è indaffarato a ritirare la legna ordinatamente nei locali sotto casa, come negli antichi ricetti. Forse l’unica occasione di incontro per questa minuscola comunità è ancora la messa, in una chiesa parrocchiale di forme ottocentesche. Ma il gioiello di Castelnuovo è più su, fuori dal centro, vicino a una torre residuo di una fortificazione, dove anticamente pulsava la vita di Castelnuovo e oggi si trova il cimitero. Luminarie spente a forma di stella cometa svettano su questa severa struttura, forse ancora lì dallo scorso Natale, forse già pronte per il prossimo.
L’obiettivo della gita a Castelnuovo sta all’interno del cimitero. Una cappella di forme gotiche con una campata completamente affrescata nel ‘400. Riemergono vicende così lontane dai culti oggi più diffusi. Riemerge il mito della Legione tebea, un corpo di soldati cristiani che si sarebbe formato in Egitto nel III secolo per poi essere chiamato a combattere in Gallia. Ligi alla propria fede, i legionari si sarebbero rifiutati di compiere riti pagani o forse di combattere contro altri cristiani, resistendo pervicacemente fino ad accettare di andare incontro al martirio. E scopri cosa si intendeva nel ‘400 per decapitazione (gli affreschi spesso parlano più del tempo in cui sono stati realizzati che del passato che vogliono raccontare). Il crudo e commovente episodio dell’uccisione di S. Maurizio e dei suoi soldati fa pensare che la ghigliottina è solo l’ultimo ritrovato della tendenza umana a cercare strumenti sempre più sofisticati per eseguire sentenze di morte.
Le scene che parlano di cavalieri dalle raffinate armature e del loro infausto destino si contrappongono poi alla dolcezza delle antistanti storie della natività di Gesù. Ma attenzione ai dettagli, la violenza si nasconde anche nel bucolico paesaggio che circonda la capanna del presepe: il cane dei pastori è dotato di un appuntito collare contro le aggressioni dei lupi. Un paesaggio intatto e solitario è anche quello che ritrovi uscendo dalla cappella, intorno al paese e al suo cimitero. Un deserto commerciale che sembra non appartenere allo stesso pianeta dei vicini outlet, ipermercati, viadotti autostradali.

Un racconto poetico e suggestivo che invita a riscoprire meraglie assurdamente dimenticate. Lettura che consiglio, a cui sarebbe interessante far seguire una visita in loco.
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Grazie, Maria Luisa. L’atmosfera di Castelnuovo Ceva è unica, occorre davvero recarsi sul posto
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Grazie
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Grazie a te, Nino
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Great reading thiss
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Thanks!
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