Il Sacro Monte di Varallo fu concepito per offrire a chi non poteva partire per la Terra Santa una meta alternativa per compiere il rito del pellegrinaggio, attraverso una riproduzione in scala ridotta ma estremamente raffinata dei luoghi della vita di Cristo. Il santuario di S. Pietro in Vulpiate a Galliate (Novara), meglio noto come Varallino, nacque a sua volta come riproduzione in scala ridotta e pianeggiante della tipologia del Sacro Monte. Una miniatura di una miniatura, nel senso più nobile di questo termine che ci riporta alla grande arte di produrre piccoli capolavori nei ristretti spazi dei codici pergamenacei.
Alla “nuova Gerusalemme” di Galliate si arriva percorrendo un duplice filare di alberi, uno scenario di carducciana suggestione se non fosse per il passaggio sotto il cavalcavia della Statale 341. Si supera un’enfatica facciata e si fa ingresso in un ambiente accogliente, quasi un abbraccio, di quelli che solo le chiese a pianta centrale sanno offrire. Se nei Sacri Monti bisogna risalire sentieri per scoprire le cappelle che li compongono, al Varallino tutto è invece disposto attorno a quest’unico ambiente centrale. Ciò che non cambia rispetto all’archetipo è quella speciale fusione tra pittura e scultura ideata per questo tipo di complessi, giustamente assurti a Patrimonio mondiale dell’umanità. In uno dei gruppi statuari, il volto di Cristo sofferente sotto il peso della croce è direttamente confrontabile e sovrapponibile alla retrostante immagine affrescata del volto di Cristo altrettanto sconvolto mentre viene sottoposto ai supplizi della Passione ed è l’emblema di quel dialogo diretto tra le arti che i Sacri Monti hanno saputo creare in modo forse irripetibile.
Tutt’altra aria si respira proseguendo verso il presbiterio, dove una struttura a doppia cupola esalta un’ariosa incoronazione della Beata Vergine Maria. Ammirata la volta, abbassiamo di nuovo lo sguardo perché il tripudio barocco ci riserva ancora ben due sacrestie dipinte (non sono mai state solo un luogo solo per vestirsi).
La visita è finita. Arriva il momento di uscire. Corridori e ciclisti inforcano il viale carducciano, in un prato è in corso una partitella tra ragazzini, due anziani chiacchierano su una panchina in un’atmosfera di pace che prolunga idealmente quella respirata all’interno del santuario, seppur a due passi da inquietanti fabbricati fatiscenti.
Lorenzo Crola
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