Una cornice senza specchio, un teatro senza spettatori. Otello in scena a Firenze

Otello è una storia di gelosia malsana che ha attirato l’attenzione di scrittori, drammaturghi, registi, compositori. Compreso Giuseppe Verdi che, pur a fine carriera, si lasciò convincere a comporre un’opera partendo da un libretto che il poeta scapigliato Arrigo Boito trasse dal classico di Shakespeare.  La musica ha il potere di mettere ulteriormente a fuoco come nasca questo sentimento malato, come si insinui nell’animo di un valoroso condottiero che aveva avuto tutto dalla vita e divampi fino a portarlo a distruggere tutta la felicità che aveva conquistato, soffocando la moglie Desdemona che giura di amarlo. Come un uomo possa arrivare a questi estremi è un interrogativo ancora di scottante attualità, se pensiamo che è appena trascorsa la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Lunedì 30 novembre su Rai 5 è andato in onda un nuovo allestimento dell’Otello di Verdi coraggiosamente prodotto dalla Fondazione Maggio Musicale Fiorentino per un teatro vuoto. O meglio, tra buca e palco erano presenti gli interpreti principali e i membri di coro e orchestra muniti di mascherina nera o circondati da barriere di plexiglass (sul podio l’inossidabile, Zubin Mehta, maestro anche di resistenza). La platea invece era inevitabilmente vuota. E quanto era assordante quel silenzio a fine opera, quando normalmente scatta un diluvio di applausi. Una volta, frequentando i teatri, un po’ ci stancavamo di continuare a battere le mani. Oggi cosa daremmo per tornare ad avere questo problema?

Tornano al dramma shakespeariano, ho sempre avuto difficoltà a spiegarmi la figura di Jago. Nella storia dell’opera è uno dei rari personaggi che si mantengano sempre contraddistinti da una profonda perfidia.  Sentendosi ingiustamente escluso dagli onori, Jago ordisce una trama per vendicarsi inducendo Otello a cadere nella trappola della gelosia. Verdi-Boito presentano questa oscura personalità andando oltre Shakespeare e ideando una delle pagine più inquietanti uscite dalla loro collaborazione (“Credo in un Dio crudel”, intensamente interpretata dal baritono Luca Salsi). Ma anche questa figura apparentemente inscalfibile è destinata a soccombere perché la gelosia “sé stessa attosca”, come scrive Boito nel libretto. È un’idea che si uccide da sola portando tutti alla distruzione (chi la pensa, chi la instilla e chi è ingiustamente accusato) perché toglie completamente la capacità di vedere le persone come realmente sono. Forse per questo motivo nello spettacolo di Firenze (regia di Valerio Binasco) Desdemona si guarda in una cornice vuota, senza specchio: in un mondo accecato da sentimenti esasperati, gli specchi non servono più a niente.

Lorenzo Crola

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