Manrico è il nome del personaggio che nel “Trovatore” di Giuseppe Verdi infiamma il pubblico cantando la celebre cabaletta “Di quella pira”, specialmente se infarcita del famigerato “do di petto di tradizione”. Manrico è diventato anche il nome di un’originale figura di investigatore che si sta stagliando nell’ormai intricata selva del giallo italiano. Manrico Spinori della Rocca, sostituto procuratore della Repubblica di Roma, affronta le avversità della vita (provenienti solo in parte dal fronte criminale) con uno spirito combattivo paragonabile all’ardore del tenore verdiano da cui prende nome. Rampollo della vecchia nobiltà capitolina, mai asceso al titolo di conte (preferendo rimanere “contino”), fascino alla Marcello Mastroianni (parola del ricettatore Lediosca), privato della fortuna di famiglia dalla madre donna Elena (ludopatica), Manrico sa fiutare un caso di omicidio dietro la morte di Ademaro Proietti, palazzinaro romano con gli occhi puntati sul progetto del nuovo stadio della Roma (come ogni buon palazzinaro romano).
Il fatto avviene una sera a bordo del “Chiwi”, il super motor yacht privato dal quale Ademaro precipita prendendo (o dopo aver preso) un colpo alla testa. Qui sta il punto. E tutto sembra remare contro le indagini di Manrico: i famigliari che erano a bordo e propendono per la disgrazia, i giornali controllati dai Proietti, i politici che puntano il dito contro tutto questo accanimento investigativo, i social invasi dai commenti ispirati da trasmissioni tv che fanno a gara a proporre la propria verità esclusiva.

Quando addirittura il caso gli viene strappato per una questione di giurisdizione, il più nobile investigatore del giallo italiano riuscirà a venire a capo del caso al centro di “Un cuore sleale”, il romanzo che il magistrato-scrittore Giancarlo De Cataldo ha recentemente pubblicato per Einaudi. Per l’autore di uno dei noir di maggior successo degli ultimi vent’anni, “Romanzo criminale”, questa è la seconda opera innestata invece nel filone del giallo classico, con protagonista Manrico Spinori e collaboratrici. Queste ultime altrettanto ben fornite quanto a combattività (e disinvoltura). Prendiamo Deborah Cianchetti, uno dei personaggi da cui emerge anche quel romanesco che rende il romanzo al tempo stesso aristocratico e popolaresco («Ricostruiscono il Dna de’ mummie egiziane – dice l’ispettora – e qua nun se trova gnente!»).
Melomane a sua volta, De Cataldo ha creato un detective con il pallino della classica e della lirica. Nelle giornatacce peggiori, il rimedio è la musica di Rossini. Imbottigliato nel traffico e in crisi con la donna che sta frequentando, il rimedio è il Trio op. 100 di Schubert. Di fronte all’intricato caso Proietti, il rimedio è pensare a quale opera abbia raccontato qualcosa di simile. Perché “non esiste situazione umana, compreso l’omicidio, che non sia già stata contemplata da un’opera lirica”.
Lorenzo Crola
Molto bravo come sempre. Aspetterò di diventare famosa per avere un magnifico tuo commento!
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Grazie mille, Luisa. Anche i tuoi commenti sono importanti!
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