Memorie di una scrittrice prigioniera del castello che voleva salvare

Quante volte passando davanti a un bel castello, a un palazzo o a una chiesa in rovina ci diciamo: che peccato, cosa costerebbe salvarlo?

Con questi facili e passeggeri commenti non arriviamo a renderci conto che in realtà costerebbe davvero tanto mettere mano a quelle strutture. Non solo in termini di denaro.

Provate a leggere “Il castello nel cassetto” e assisterete alle peripezie di un’ostinata scrittrice svizzera (tedesca) per salvare quella che poi, proprio grazie ai lavori da lei avviati, si rivelerà essere esattamente una casa priorale della Svizzera francese, retrodatabile fino al ‘200.

“IL CASTELLO NEL CASSETTO” È IL RACCONTO DI UN’OSTINATA LOTTA PER SALVARE UN CASTELLO SVIZZERO, SENZA SOLDI MA CON TANTA IRONIA

L’ostinata si chiama Katharina Von Arx (un nome un presagio verrebbe da dire, visto che arx in latino vuol dire fortezza). Piena di ironia ma priva di soldi,  Katharina ha raccontato in questo libro momenti di euforia e disperazione della sua impresa.

“Il castello nel cassetto. Che cos’è un romanzo rispetto al restauro di un castello?” è stato pubblicato lo scorso anno da L’Orma editore, con traduzione di  Eleonora Tomassini dell’originale tedesco uscito nel 1975.

A sostenere l’autrice-castellana è il suo «incosciente coraggio», l’unica forza sufficiente per affrontare quella cascata di problemi che promana dal progetto di recuperare un bene culturale.

Una sfida che diventa esistenziale: Katharina arriva a provare invidia per gli operai che alla sera tornano a casa «mentre io resto qui da sola in quest’edificio spettrale che è diventato la mia prigione».

AFFRONTARE UNA SIMILE CASCATA DI PROBLEMI DIVENTA UNA SFIDA ESISTENZIALE E IL LETTORE FINISCE PER GIOIRE CON L’AUTRICE PER LE PICCOLE CONQUISTE QUOTIDIANE

Una sfida che arriva a farle ripensare il proprio carattere e il modo di affrontare la vita in generale (emblematiche le pagine in cui si mette alla ricerca di un aggettivo che possa individuare il carattere giusto per dirigere i lavori, vagliando tutte le sfumature tra accondiscendente e severa).

Così anche il lettore arriva a comprendere (e a gioire con lei) per i minimi risultati e le piccole fonti di soddisfazione, come l’arrivo dell’acqua calda.

“Il castello nel cassetto” esordisce come un dramma, con la lista dei personaggi: a partire dalla stessa Katharina (che si definisce “scrittrice, pittrice, viaggiatrice”) con Freddy (il marito “fotografo, scrittore e viaggiatore”), fino a svariati direttori di banca “più o meno clementi con le finanze disastrate di Katharina e Freddy”.

Ma è anche un romanzo che inizia come un “libro delle case”, per citare il recente successo di Andrea Bajani in cui una vita viene ricostruita attraverso tutte le abitazioni frequentate.

Katharina ha vissuto in un lussuoso e nobile palazzo di Vienna, nei peggiori alberghi di Parigi, in una malga alpina. Non importano i comfort: in fondo una casa è dove c’è acqua (come  avevamo concluso in un precedente articolo di questo blog, nella pagina “Cronache”).

LE CATAPECCHIE COME QUELLA DI ROMAINMÔTIER SONO OVUNQUE E RECUPERARLE È SPESSO TROPPO COSTOSO. A VOLTE L’UNICA SOLUZIONE È MUOVERSI CON «INCOSCIENTE CORAGGIO»

E di acqua ne troverà molta quanto individuerà il suo castello del cuore in quel vecchio rudere a Romainmôtier, nel cantone Vaud, posto proprio sopra a un ruscello. Un esperto del patrimonio culturale svizzero  lo definirà un «castello di Chenonceaux in miniatura».

Non so in che condizioni fosse la casa priorale di Romainmôtier quando Katharina la comprò “in svendita”. Sicuramente migliori di quelle della rocca dei Caccia, a Castellazzo Novarese, ormai ridotta a una catapecchia.

Per illustrare questo articolo ho scelto di proporvi proprio qualche scatto del castello di Castellazzo, per semplice suggestione fotografica e per farvi conoscere le rovinose condizioni in cui sciaguratamente si trova questa struttura (sperando che trovi la sua Katharina).

Non ho mai cercato foto di Romainmôtier, preferisco che mi resti in mente l’immagine che mi sono formato leggendo. Poi chissà, magari un giorno farò un viaggio nel cantone Vaud.

Loreno Crola

Per leggere la cronaca della scoperta dell’acqua calda a casa mia:

19 pensieri riguardo “Memorie di una scrittrice prigioniera del castello che voleva salvare

  1. A me, quando ti sei riferito a “un “libro delle case”…, recente successo di Andrea Bajani [non lo conosco e non leggo mai italiani vivi :D] in cui una vita viene ricostruita attraverso tutte le abitazioni frequentate”, hai fatto venire in mente il romanzo “Qualcuno Bussa. Romanzo Di Dodici Camere”, di Sandor Torok (primi anni ’40 del secolo scorso) che mi è molto piaciuto.

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  2. Dopo aver fatto dei lavori in casa e ristrutturato un grande terrazzo, mi vengono ” le bolle ” a pensare di ristrutturare un castello vivendoci dentro. Penso si potrebbe far prima a costruirlo nuovo di sana pianta!!! Comunque metto il libro nella lista dei libri da leggere, perchè la storia mi intriga parecchio!!!!

    Anni fa scrissi un post sull’importanza delle case abitate , questo è il link

    https://vittynablog.wordpress.com/2018/09/19/finestre/#more-2972

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    1. Te lo consiglio davvero! Mi ha conquistato già quando l’ho adocchiato in libreria (la deliziosa “Verso” di Milano). Io l’ho divorato, anche perché sono molto sensibile al problema del recupero di queste antiche strutture.
      Effettivamente, come hai avuto modo di provare anche tu, ristrutturare può essere talmente complesso che per certi aspetti capisco chi in passato faceva tabula rasa e costruiva qualcosa di nuovo.
      Ho letto il tuo post davvero con piacere, soprattutto mi piace il tema delle finestre… (ma da quanti anni hai il tuo blog?)

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  3. Ho cercato alcune foto, mi sembra un ottimo risultato.
    Molte costruzioni in Italia meritano la ristrutturazione, per motivi storici, culturali o artistici.
    Molte invece restano in piedi senza motivo, anche dalle mie parti i ruderi si sprecano, i beni ambientali li proteggono, ma in realtà sono solo strutture inutili e fatiscenti.

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    1. Ah bravo, io invece ho avuto davvero un blocco… chissà perché non voglio modificare l’immagine che mi sono fatto di quel castello. Ma prima o poi mi dovrò decidere ad andare a esplorare la Svizzera e nel caso sarei davvero curioso di vedere questo posto.
      Quanto ai ruderi, mi sento particolarmente sensibile al problema. Ogni volta che esco di casa vedo cascine semicrollate e mi commuovo sempre, anche se in effetti non è possibile salvarle tutte

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      1. Il fatto è che questi “ruderi” se hanno una valenza (storica, urbanistica, architettonica) bene tenerli, altrimenti a mio avviso non ha senso tenerli.

        Dalle mie parti continuano a costruire togliendo sempre maggiore spazio al verde di prati e campi, quando basterebbe abbattere alcuni di questi ruderi abbandonati e riqualificare le loro aree. Senza togliere verde.

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      2. D’accordissimo. Dovrebbe essere previsto proprio per legge: prima di cementificare nuove aree, vanno recuperate o sostituite strutture esistenti. In un paese qui vicino hanno appena inaugurato il solito supermercato prefabbricato al posto una piccola pineta, veramente inconcepibile

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