La recente cerimonia che ha visto protagonista re Carlo III del Regno Unito, con i suoi tratti solenni e ancestrali, mi ha fatto pensare a come venga sviluppato il tema dell’incoronazione nel teatro d’opera.
Il caso più esplosivo è senz’altro “Il viaggio a Reims” di Gioachino Rossini, sebbene in queste due ore di musica non compaiano né un re né un’incoronazione.
Come in un film di Luis Buñuel (ma parliamo di un’opera di duecento anni fa) l’evento a cui tutto tende non giunge mai a realizzarsi.
LA CERIMONIA DI SABATO SCORSO A LONDRA, CON I SUOI RITI SOLENNI E ANCESTRALI, MI HA FATTO PENSARE AL ROVESCIAMENTO DI QUESTO TEMA IN UN’OPERA DI ROSSINI
È la storia di una bizzarra compagnia di nobili e colti personaggi di varie nazionalità europee che si ritrovano alle terme di Plombières e cercano di organizzare, appunto, un viaggio a Reims, nella cui cattedrale (come da tradizione secolare) è in programma l’incoronazione re Carlo X (di Francia).

La genialità di Rossini e del suo librettista Luigi Balocchi è consistita nel trasformare quella che avrebbe dovuto essere una cantata celebrativa della reazionaria restaurazione di un reazionario monarca in un gustosissimo dramma giocoso al limite del teatro dell’assurdo, con un continuo movimento tra ironia e parodia che poggia su una musica fresca, brillante, dall’inventiva stupefacente e dai pirotecnici virtuosismi, capace quasi di superare il giovanile “Barbiere di Siviglia”. «L’ironia consapevole di Rossini ne fa qualcosa di estremamente modero e lontano dall’idea di piaggeria cortigiana» scrivera Luigi Rossi su La Stampa.
Come avvenuto per l’incoronazione di Carlo III (del Regno Unito), c’è in questa cantata uno spirito cosmopolita che culmina nell’intonazione di sette canzoni nazionali da parte di ciascun protagonista, compreso “God save the king”, che però qui diventa “Dell’aurea pianta il germe amato.

«Una specie di Onu del balcanto» l’ha definita Klaus Geitel. Siamo a dieci anni dalla caduta di Napoleone e aleggia la speranza di una stabilizzazione europea sotto le restaurate monarchie.
So che la domanda sorge spontanea. La risposta è: no, mi spiace, l’Italia non è rappresentata, anche se il dramma andò in scena in italiano (in Francia, in onore del re di Francia: per farvi capire il ruolo culturale che giocava allora la nostra lingua…).
“IL VIAGGIO A REIMS”, TRA VIRTUOSISMI PIROTECNICI E UNA STUPEFACENTE INVENTIVA, ESPRIMEVA LA VISIONE DI UN’EUROPA NUOVAMENTE STABILIZZATA SOTTE LE MONARCHIE RESTAURATE DOPO LA PARABOLA NAPOLEONICA
La prima messa in scena moderna di questa cantata, dopo le sole quattro esecuzioni ai tempi di Rossini, è avvenuta nel 1984 proprio nella città natale del compositore, Pesaro, nell’ambito del Festival operistico a lui intitolato.
Uno spettacolo memorabile, reso possibile dalla ricostruzione della partitura attraverso ricerche d’archivio condotte tra Parigi, Roma e Vienna (la storia del successo e della subitanea scomparsa di quest’opera, fino al ritrovamento, sono a loro volta un romanzo).
IN PIENA RESTAURAZIONE, ROSSINI E IL SUO LIBRETTISTA BALOCCHI METTONO IN SCENA UN DRAMMA GIOCOSO DEDICATO A UN EVENTO CHE NON SI REALIZZA MAI. DUECENTO ANNI PRIMA DI BUÑUEL
Qui scatta l’ulteriore collegamento con la cerimonia londinese di sabato scorso, in quanto per la tanto attesa ripresa del “Viaggio a Reims” fu ideato da Luca Ronconi un allestimento (con scene e costumi di Gae Aulenti) che prevedeva fuori dall’auditorium la rappresentazione dell’incoronazione di Carlo X, proprio quell’evento che i personaggi sognano di vedere ma non riescono a raggiungere.
Lo spettacolo fu poi ripreso a Milano nel 1985, con il passaggio nelle vie della città di una sontuosa sfilata storica che nulla aveva da invidiare all’incoronazione di Carlo III.
Lorenzo Crola
Scusa, non seguo l’opera (a parte 3-4 eccezioni), ma il post è stato interessante lo stesso.
Su Carlo III avrei da dire solo che sembrava… sua nonna! 😀
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La nonna di sé stesso?
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Exactly! 😀
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in effetti la cerimonia, pur solenne e impeccabile, aveva questo buffo effetto…
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