Ho dedicato un recente articolo alla storia di una scrittrice svizzera che, alle prese con la dura missione di restaurare un castello, finisce per sentirsi prigioniera della propria missione (e del castello stesso) a causa dell’incessante bisogno di trovare sostegno economico per i propri sogni-obiettivi.
Cosa potrebbe succedere se la missione diventasse costruire una castello di carta, ovvero intraprendere un’attività di produzione e diffusione di libri, insomma fondare una casa editrice?
Arrivare a questa meta può significare ugualmente passare attraverso un senso di affanno, provocato da lunghi periodi in cui il progetto stenta a decollare. La mente vola con i propri sogni ma debiti e difficoltà di mercato continuano a farti tenere i piedi a terra.

Sandro Ferri ha recentemente raccontato la vita grama di un editore esordiente in un libro di memorie e riflessioni incentrate sulla storia della sua casa editrice “e/o”, di cui avrete molto probabilmente sfogliato qualche titolo proprio perché a un certo punto le difficoltà (ma non le sfide) sono venute meno inanellando una serie di successi come “Cassandra” di Christa Wolf e poi “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, fino al fenomeo Elena Ferrante e alla recente Valérie Perrin di “Cambiare l’acqua ai fiori”.
FONDARE UNA CASA EDITRICE: UN SOGNO DI CUI SI PUÒ FINIRE PRIGIONIERI. SANDRO FERRI, FONDATORE DI E/O, RACCONTA IN COME HA SCAMPATO QUESTO PERICOLO
L’autore-editore alterna le riflessioni sul mondo di chi fa i libri a pagine in corsivo incentrate sulla storia della sua “e/o”. Leggendo queste ultime assistiamo ora con apprensione ora con sollievo alle sorti di un’impresa che da un minuscolo ufficio-magazzino è oggi un’articolata realtà internazionale che si appresta al passaggio di consegne alla seconda generazione.

Colpisce come sia Sandro Ferri sia Katharina von Arx (l’autrice alle prese col restauro del castello svizzero) descrivano un periodo della loro vita in cui una simile spirale di difficoltà economiche li abbia portati a una stessa dipendenza dalle banche.
Per giustificare l’attraversamento di questi periodi bui, Ferri parte da una semplice ma forse non scontata affermazione sull’editore, specie in periodi in cui il fenomeno del self publishing dilaga e al tempo stesso mostra i propri limiti: «Senza questo insolito personaggio, discutibile ed egocentrico, non avremmo letto tutti i libri che abbiamo letto».
L’editore secondo Ferri non è solo un tramite tra autore e lettore. Egli al contrario «ririfiuta di essere un semplice intermediario, cerca piuttosto di imporre il proprio gusto, le proprie scelte, la propria personalità».
TRA MOMENTI DI ANSIA E DI SOLLIEVO ASSISTIAMO AL CONSOLIDARSI DI QUESTO CASTELLO DI CARTA GOVERNATO DA UN’ECCENTRICA MA INDISPENSABILE FIGURA, L’EDITORE-SOGGETTO
Se oggi ci sono sistemi che scelgono e diffondono libri in base ad algoritmi, la soggettività dell’editore deve affermarsi a costo di diventare “L’editore presuntoso” che dà il titolo al libro, un protagonista della scena culturale, come da migliore tradizione italiana. Vedi Giulio Einaudi, Giangiacomo Feltrinelli, Roberto Calasso, per fare qualche esempio di editori-soggetto ammirati da Ferri.
ESEMPLARE IL CASO DI ZIO CASIMIRO: «HO CONTINUATO A PUBBLICARLO ANCHE QUANDO NON VENDEVA, PERCHÉ LO ADORAVO. QUESTO DEVE FARE UN EDITORE»
L’editore-soggetto «ririfiuta di essere un semplice intermediario, cerca piuttosto di imporre il proprio gusto, le proprie scelte, la propria personalità». Da qui l’eterno scontro con le leggi del mercato e la continua ricerca di un equilibrio nella scelta di libri che meritano/devono essere pubblicati e libri che aiutano con il loro successo a pubblicare i primi.
Esemplare il caso di Kazimierz Brandys, l’autore che con “Rondò” è riuscito a raccontare una storia romantica nella tetra Polonia degli anni ’30: «Ho continuato a pubblicare i libri di zio Casimiro anche quando non vendevano più nulla. Perché mi piacevano, perché adoravo il loro autore. È perché questo è ciò che un editore deve fare».
Lorenzo Crola
Per scoprire “Il castello nel cassetto” di Katharina von Arx: